Mons. Bruno Forte

La Chiesa e lo sport

All’incontro delle Società Sportive di Chieti - Teatro Marrucino, Chieti, 20 settembre 2023

Il Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita ha pubblicato il 1.06.2018 un documento sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana intitolato Dare il meglio di sé. Presentando le ragioni e le finalità del testo si afferma che «dare il meglio di sé stessi è un aspetto fondamentale nello sport, per qualsiasi atleta che, individualmente o in squadra, gareggi con tutte le forze per ottenere il proprio risultato sportivo» (n. 1). Accade dunque nello sport quello che accade nel vivere la fede cristiana, in cui ciascuno vorrebbe poter dire un giorno, come san Paolo, «ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). La Chiesa è vicina al mondo dello sport perché «le sta a cuore l’uomo, tutto l’uomo, e riconosce che l’attività sportiva incide sulla formazione della persona, sulle relazioni, sulla spiritualità» (Francesco, Discorso alla Federazione Italiana Tennis, 8 maggio 2015). «Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato e forse riscattato […] dagli eccessi del tecnicismo e dal professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri» (1.3).

«La parola “sport”… deriva dall’antica espressione francese desporter o se desporter, che a sua volta è una derivazione dal latino de(s)portare – che significa divertimento… In epoca moderna fu coniata l’abbreviazione “sport” e da allora questo termine è usato per descrivere la moltitudine di attività che appassionano così tante persone, sia in veste di atleti che di spettatori» (n. 2). Si potrebbe definire lo sport come «un’attività fisica in movimento, individuale o di gruppo, di carattere ludico e competitivo, codificata attraverso un sistema di regole, che genera una prestazione confrontabile con altre in condizioni di pari opportunità» (2.2). Alla base della concezione cristiana dello sport c’è la «visione unitaria della persona umana… come unità di c orpo e anima» (3.1). Giovanni Paolo II lo ha affermato chiaramente: «L’attività sportiva pone in luce, oltre alle ricche possibilità fisiche dell’essere umano, anche le sue capacità intellettuali e spirituali. Non è mera potenza fisica e efficienza muscolare, ma ha anche un’anima e deve mostrare il suo volto integrale» (Discorso ai partecipanti al convegno internazionale “Nel tempo del Giubileo: il volto e l’anima dello sport”, 28 ottobre 2000).

Proprio per questo lo sport tiene insieme libertà, regole, creatività e collaborazione: «Nello sport le regole non limitano la creatività, ma la stimolano. Per centrare il risultato stando all’interno delle regole stabilite, l’atleta deve essere molto creativo. Deve cercare di sorprendere l’avversario con tecniche e strategie innovative. Per questa ragione gli atleti più creativi sono anche i più apprezzati» (3.2). E così vediamo come lo sport «aiuti la persona a crescere, poiché diventa capace di costruire un ambiente nel quale convivono e interagiscono libertà e responsabilità, creatività e rispetto delle regole, divertimento e serietà. Questo ambiente passa attraverso lo spirito di collaborazione e accompagnamento reciproco, sviluppando il talento e il carattere delle persone» (ib.). Perciò lo sport induce a superare ogni forma di individualismo autoreferenziale e contribuisce a favorire le relazioni tra il singolo atleta e la squadra. Lo sport è una scuola di spirito di squadra che aiuta ciascuno a superare l’egoismo.

Certo, questo stile di vita non si raggiunge senza sacrificio: «Aldilà del livello di prestazione o del tipo di attività in cui si è coinvolti, di squadra o individuale, l’atleta deve sottoporre sé stesso a una disciplina e focalizzarsi sull’esercizio da portare a termine, se vuole imparare e acquisire le necessarie competenze e capacità» (3.4). L’esperienza del sacrificio nello sport può aiutare gli atleti a formare il proprio carattere in modo peculiare, sviluppando le virtù del coraggio e dell’umiltà, della perseveranza e della fortezza, aiutando i credenti a capire più profondamente la propria vocazione di figli di Dio: «L’amore di Dio e per il prossimo spesso ha un costo per la nostra vita. Il compito del cristiano è di accettare e sopportare i sacrifici e le sofferenze, grandi o piccole che siano, e con il sostegno della grazia di Dio, lottando per il regno nella vita terrena e nel mondo che verrà. Con questa convinzione diventa più semplice capire cosa san Paolo intendeva quando chiedeva di prepararsi a “combattere la buona battaglia” (Tm 6,12). Tutti i nobili sacrifici che facciamo sono importanti nella vita cristiana, anche quando riguardano un ambito come lo sport» (3.4).

Lo sport è non di meno fonte di grande gioia: «Esso porta gioia a tutti coloro che lo esercitano liberamente, qualsiasi sia il livello di gioco… La gioia che si prova nel praticare lo sport, spesso convive e emerge dalle difficoltà e dalle sfide più dure. Vediamo che nel mondo ci sono molte persone che praticano sport soltanto per il piacere del movimento fisico, per le opportunità di socializzazione, per apprendere nuove competenze o per percepire un senso di appartenenza ad una comunità. La gioia in questi casi è il frutto del fare ciò che piace o appassiona… Il fatto che per la maggior parte delle persone lo sport non sia praticato per un motivo di utilità quale i soldi o il successo, lo rende un fenomeno ancora più interessante… Esso ci insegna che la gioia autentica, profonda e duratura spesso emerge quando ci impegniamo con tutti noi stessi per qualcosa che ci appassiona» (3.5).

Va quindi sottolineato come lo sport sia «un’attività che può e deve promuovere l’uguaglianza tra gli esseri umani… Tutte le persone sono uguali in dignità, in quanto create a immagine e somiglianza. Siamo fratelli e sorelle che discendono dallo stesso Creatore… Lo sport può unire in uno spirito di amicizia popoli e culture… segno che la pace è possibile» (3.8). In particolare, «la solidarietà all’interno di una squadra sportiva è quell’unità che si crea tra i compagni che combattono insieme per raggiungere l’obiettivo comune. Una simile esperienza fa sì che tutti i componenti vivano un sentimento di attenzione personale e di stima» (3.9). Di conseguenza, gli atleti, «soprattutto quelli più famosi, hanno una inevitabile responsabilità sociale. È importante che abbiano sempre maggiore consapevolezza del proprio compito nell’ambito della solidarietà e che questo sia socialmente noto» (ib.).

Va, infine, evidenziato come lo sport possa aprire alla ricerca sul significato ultimo della vita: in esso «l’essere umano può far emergere con autenticità i propri talenti, la propria creatività, ma allo stesso tempo vivere l’esperienza del limite e della finitezza, così come sperimentare che il successo non è assicurato…». Proprio così, lo sport «potrebbe divenire uno straordinario campo in cui la persona fa esperienza delle verità fondamentali su di sé e del significato ultimo della propria esistenza… la felicità resa possibile dal dono gratuito della grazia di Dio» (3.10). Tutto questo si realizza se si pratica uno sport veramente umano e pienamente giusto: «Quando lo sport è vissuto nel rispetto della dignità della persona e è libero da interessi economici, mediatici o politici, allora può diventare un modello per la vita», modo concreto «di avvicinare i giovani alle virtù cardinali della fortezza, temperanza, prudenza e giustizia e di accompagnarli nel perseguirle» (5.2).

In questa prospettiva, Papa Francesco ha esortato a dare il meglio di sé, non solo nello sport, ma in tutta la vita: «Proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma anche a qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentandovi di un “pareggio” mediocre, per dare il meglio di voi stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre» (Discorso all’incontro per il settantesimo anniversario di fondazione del Centro Sportivo Italiano, 7 giugno 2014). L’augurio che faccio a tutti voi – e la preghiera con cui lo accompagno – è che questo si realizzi pienamente nella vita di ciascuno di voi…

+ Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto