Celebrazione della Mater Populi Teatini

Una Chiesa estroversa e familiare
La celebrazione della Mater Populi Teatini, 11 ottobre, è sempre più occasione nella quale la nostra Chiesa diocesana si fa – come amava dire il Cardinale Martini – “Chiesa estroversa” attraverso una Liturgia che rende visibili le molte ministerialità e i molti carismi della quale lo Spirito l’ha arricchita.
Attorno all’Altare, all’ambone e alla Cattedra, segni visibili del Cristo Risorto che convoca e guida la sua Chiesa, il Padre Arcivescovo Bruno, attorniato dal Collegio presbiterale e da quello diaconale, con la presenza dei seminaristi, convoca e invia tutti coloro che sono chiamati a edificare il Corpo di Cristo che è la Chiesa: catechisti, ministri straordinari della Comunione, lettori, accoliti … e, a partire da quest’anno, anche gli operatori di pastorale familiare. Si, perché nella nostra Chiesa diocesana c’è, oltre a tutto il resto, una ricchezza un po’ nascosta ai più, ma che è un dono prezioso dello Spirito: le tante coppie o singole persone, che svolgono il servizio di accompagnamento dei futuri sposi nei cammini di fede in preparazione al Matrimonio sacramento, meglio conosciuti con l’espressione non del tutto corretta, ma più usata e più breve: “corsi prematrimoniali”.
Questi cammini di fede non sono solo preparazione al Matrimonio sacramento – e questo sarebbe già tanto! – ma sempre più occasione di ritorno alla fede per molti che, negli anni, nulla avevano avuto a che fare con la Chiesa. Una coppia che ha fatto questa esperienza, non ha esitato a definirla un “nuovo battesimo”, intendendo la parola “battesimo” non nel senso sacramentale, ma nella sua etimologia greca: una immersione piena – oggi diremmo: una “full immersion” – nell’esperienza cristiana.
Ma gli operatoti di pastorale familiare accompagnano anche le coppie e le famiglie che non si sono fermate alla celebrazione del sacramento, ma che hanno visto che questi cammini iniziati nei corsi prematrimoniali sono esperienza concreta di Chiesa, luogo di crescita e di custodia del matrimonio e della genitorialità: questa esperienza si sta gradualmente diffondendo nella nostra diocesi ed è un segno di grande speranza. Dunque, la scelta dell’Arcivescovo ha un che di profetico perché diviene segno e invito a tutta la Chiesa diocesana a fare dell’agire pastorale un “lavoro amoroso” – un “opus”, direbbe san Benedetto – che faccia sempre della comunità cristiana non il “negozio dei sacramenti”, ma una famiglia di famiglie.
Certo una celebrazione non basta, ma è un inizio di grazia, un segno che fa ringraziare, pensare e agire di conseguenza. Grazie a tutti coloro che, per amore e con amore, svolgono un servizio nella Chiesa e, un grazie tutto particolare agli operatori di pastorale familiare, che indicano a chi si sposa e a chi è già sposato che la famiglia è la “Chiesa domestica”, prima cellula vitale della Chiesa diocesana e universale nonché della società umana. La pastorale familiare non è solo un “servizio interno” alla Chiesa, ma è “presidio di umanizzazione” per tutta l’umanità, come ha precisato Papa Francesco in Amoris Laetitia, e come sempre ci ricorda il nostro Padre Arcivescovo Bruno.
Nicola Del Bianco