Messaggio di padre Bruno per l’Avvento e il Natale 2020

Al Dio che viene chiediamo la speranza e l’amore

All’inizio di questo Avvento 2020 sono soprattutto due i doni che mi sembra importante chiedere al Dio che viene, per vivere da credenti questo tempo difficile, segnato dalla pandemia: la speranza e l’amore, quell’amore gratuito, generoso e fedele, che ci è dato dall’alto e che chiamiamo carità.
La speranza ci aiuta a guardare avanti, oltre il tunnel delle tante sofferenze che toccano noi e l’intera famiglia umana. Essa è la risposta al grido che ci sentiamo nascere dentro e che potremmo esprimere con le parole attribuite dal profeta Isaia al popolo di Dio, duramente provato dalla sofferenza: «La mia via è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?» (Is 40,27). Trasferendo queste domande al nostro presente, potremmo formularle così: non contiamo più niente per Te, Signore? La nostra vita Ti è indifferente? Le nostre invocazioni non le ascolti? A questi interrogativi, carichi di dolore, Isaia risponde: «Non lo sai forse? Non l’hai udito? Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra… la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato» (vv. 28-29). La certezza di chi crede è che, anche quando l’Altissimo tace e sembra non badare alle nostre grida e lacrime, è Lui ad accompagnarci e a sostenerci. Isaia lo ribadisce con un’immagine di struggente bellezza: «Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (vv. 30-31). Non l’ottimismo ingenuo dell’“andrà tutto bene”, ma la speranza della fede, fondata nel Dio salvatore, può darci ali per volare, mantenendo alte la tensione al bene e la passione per la vita e per la qualità di essa, da garantire a tutti, nessuno escluso.
La via da percorrere perché questa speranza non sia utopia, ma forza di trasformazione dei cuori, sorgente di luce che motiva e sostiene l’impegno, è quella della carità: ce lo fa capire l’Apostolo Paolo quando, nella I Lettera ai Corinti, a conclusione del suo inno alla carità, afferma: «La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà… Resteranno queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!» (1 Cor 13, 8-9. 13). È questo amore la sola cosa che conta: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita… E se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, e possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla… La carità non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (vv. 1-2. 4-7). È la carità a sostenere la sollecitudine per gli altri, la condivisione di quanto si ha e il sacrificio di sé, sull’esempio di quello che stanno vivendo tanti medici, operatori sanitari, addetti ai servizi necessari al bene comune, e tanti sacerdoti, ministri di riconciliazione e apostoli di fede. È la carità che suscita i “santi della porta accanto”, di cui parla Papa Francesco e di cui c’è oggi immenso bisogno. Essa sa esprimersi anche in umilissimi gesti, come ci ha insegnato Gesù: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 35-36). E se chiederemo a Lui: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?» (v. 37), Lui ci risponderà: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Al Dio che viene, tanto vicino alla nostra fragilità nel mistero del Suo Natale, diciamo allora con fede: “Aiutaci ad amarTi così! Donaci la Tua carità!”. Perché dove c’è la carità, lì c’è Dio. Lì Egli nasce ancora fra gli uomini. Lì è veramente Natale!
Che questo tempo di Avvento ci porti a vivere così il nostro Natale, rispondendo sempre più con fede al Dio vivo, che anche in questa prova ci visita e ci chiama. Ci accompagni in questo cammino la Vergine Maria: come Madre tenerissima, interceda per noi e ci ottenga di seguire l’esempio che Lei stessa ci ha dato pronunciando l’“eccomi” che ha cambiato la storia. A Lei ci rivolgiamo dicendo con fiducia: Maria, Madre del Figlio nella carne e Madre nostra in Lui, prega per noi, affinché sul Tuo esempio possiamo dire il nostro sì all’Altissimo e diventare sempre più per tutti sorgente d’amore attento, tenero, umile e concreto. Fa’ che, come Te abitata dallo Spirito Santo, anche noi sostenuti dal Consolatore portiamo a quanti incontreremo la gioia della presenza del Signore, attraverso l’umile eloquenza dei gesti e le parole della fede, che accendono nei cuori la carità e la speranza, riflesso e dono della vittoria del Risorto sul male e sulla morte. Amen. Alleluja!”.