Mosè, salvatore salvato

 Incontro del clero - Relazione di suor Maria Ko

Ha partecipato in gran numero il clero della diocesi al quarto incontro formativo per sacerdoti, svoltosi la settimana scorsa a Fossacesia. Relatrice è stata suor Maria Ko Ha Fong, docente di sacra scrittura nella Pontificia Facoltà “Auxilium” di Roma, che ha proposto una riflessione sul tema “Mosè, guida spirituale del popolo di Dio”. Un personaggio, come ha evidenziato la suora, che riesce ad essere salvatore del suo popolo perché egli stesso ha sperimentato l’esperienza di essere salvato.
Un tema impegnativo, quello sviluppato dalla suora cinese, che ha letto le pagine della Bibbia con competenza professionale e grazia femminile. “Mosè – ha spiegato – sperimenta il dono della salvezza; egli nasce grazie a due donne che si oppongono, nel nome della vita, ad una legge ingiusta”. Un aspetto attuale, questo della biografia del patriarca, che sperimenta la “condizione di extra comunitario” e di bambino non desiderato. “L’inizio della vita di Mosè – ha aggiunto la suora – testimonia l’intrinseca furbizia delle donne che, con mezzi semplici, collaborano col progetto di Dio. La mamma, la sorella, la figlia del faraone: donne ordinarie ma che compiono gesti straordinari”.
Si divide in tre tappe di 40 anni la vita di Mosè: “Mosè sperimenta – ha osservato – il primo fallimento nel momento in cui per la prima volta si mette in azione. Quando vuole fare di testa propria, Dio gli fa capire che il suo progetto su di lui è diverso. Al primo periodo della formazione, seguono anni di riflessione e perfezionamento nel deserto, durante il quale Mosè prende moglie ed ha figli e sembra rassegnarsi ad una vita semplice, rinunciando ad ogni sogno di grandezza”.
Compare però Dio nel roveto ardente, come fuoco che brucia e non riesce a spegnersi; adesso, Mosè sa mettersi nelle sue mani e la sua generosità impulsiva si trasforma nel compimento del progetto di Dio. “In questa terza tappa – ha evidenziato suor Maria Ko – si mettono in luce i due binomi di ministero-mistero e solitudine-solidarietà”. Mosè, infatti, concentra in sé i tre compiti principali di re, sacerdote e profeta, ma sperimenta anche la misteriosità di Dio, che non si fa conoscere e al patriarca che gli chiede il nome risponde con una vaga allusione ma assicura di camminare con l’uomo. “Mosè – ha continuato – sperimenta anche la solitudine, diversità di sentire rispetto agli altri. Questa condizione, però, non gli impedisce di mettersi assieme al suo popolo, solidale con esso nella sua situazione di peccato e punizione”. Mosè, patriarca amico di Dio come lo era stato Abramo; Mosè, colui che, con dignità, sa cedere il passo e muore prima di entrare nella Terra Promessa; Mosè, infine, che ha la capacità di saper scomparire perchè è Dio che guida il suo popolo. “Ma egli – ha concluso la suora – non scompare del tutto nel cuore del suo popolo: non soltanto ha saputo guidare Israele ma, soprattutto, è stato con Dio”. È questo il grande insegnamento che lascia Mosè: saper stare con Lui, per poter parlare di Lui. “Non appesantite il cuore – ha augurato suor Maria Ko – e anche se la vita è pesante, non lasciate che lo sia anche il cuore”.