Intervento dell’Arcivescovo Bruno Forte all’assemblea dei Catechisti

Vasto – 29 Gennaio 2023

Dalla Prima lettera di Giovanni (1,1-4)

         1Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – 2la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, 3quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. 4Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.

La I Lettera di Giovanni si presenta sin dall’inizio come una testimonianza: l’Autore non parla per sentito dire, ma in forza di un’esperienza vissuta in prima persona. È un’esperienza profondamente umana, legata ai sensi: udito, vista, tatto. Eppure, è un’esperienza che pesca nell’abisso eterno del “principio”: “Quello che era da principio” (1,1). Il termine è caro alla tradizione giovannea: il prologo del Quarto Vangelo si apre con il riferimento all’“in principio”, che evoca la prima parola della Genesi, l’inizio primo di tutto ciò che esiste, il grembo di Dio, in cui tutto cominciò e tutto vive. L’amore di cui l’Autore intende parlare ha, dunque, origini eterne, abissali: viene dal mistero santo che avvolge tutte le cose e abbraccia come presupposto eterno il primo principio degli esseri. Si tratta della “vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi” (v. 2). Questo Verbo della vita, di cui il testimone ha fatto esperienza con tutto il suo essere, dai sensi al cuore e alla mente, egli ora l’annuncia ai suoi, perché siano “in comunione” con lui e con gli altri, che costituiscono il “noi” della comunità di fede, e soprattutto con il Padre e il Figlio eterno, Gesù. L’amore di cui la lettera parla è dunque la partecipazione degli uomini alla vita della Trinità divina nel tempo, è l’amore di Dio, ovvero il Dio che in sé stesso è amore.

Analogamente il catechista è chiamato a parlare a chi gli viene affidato a partire dall’esperienza che ha fatto e fa del Dio che è amore: solo se ha conosciuto e sperimenta sempre di nuovo questo amore, può anche parlarne in maniera significativa ed efficace per sovrabbondanza del cuore. Alla base della catechesi c’è l’essere innamorati di Dio e la corrispondenza sempre nuova, personale e comunitaria al Suo amore.

La finalità di questa comunicazione di vita, sorgente di comunione, è la gioia: “Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (v. 4). Riconoscersi amati, raggiunti dall’amore senza fine e immessi nella comunione di questo amore: questo è la gioia. Ed insieme – come la lettera mostrerà – gioia è imparare ad amare alla scuola di un tale amore. È la “nostra” gioia, quella di un io plurale, di singoli accomunati nell’esperienza dell’amore ricevuto e donato: la comunità, la relazione d’amore è la casa della gioia. Lo scopo che l’Autore si prefigge è tutt’altro che astratto: si tratta sì di una conoscenza (il verbo “conoscere” tonerà 25 volte; “sapere” 15 volte), che ha il sapore della concretezza viva, perché fa uscire dal mondo chiuso dell’esperienza segnata dalla finitudine e dalla morte, per introdurre nel mondo vivo di Dio (perciò è decisivo l’uso dei verbi “ascoltare”, che ricorre 14 volte, e “credere”, che torna 9 volte, per indicare l’atto del lasciarsi far prigionieri dell’invisibile Amato attraverso l’ascolto credente). La gioia, insomma, non è un frutto della terra, coltivato con le nostre mani: essa ci raggiunge e c’è data nell’atto stesso in cui veniamo resi partecipi della comunione con Dio e dell’amore che di essa è l’anima.

In maniera analoga, scopo della catechesi non è una trasmissione puramente dottrinale del messaggio cristiano, ma la comunicazione di un’esperienza che è fonte di gioia, perché è quella di un sentirsi amati e resi capaci di amare da un amore che supera ogni nostra conoscenza e ogni nostra possibilità: l’amore dei Tre che sono uno, la sorgente e la meta della beatitudine che Gesù ha annunciato e promesso.

La posta in gioco della lettera – che qui rivela il suo carattere di vera e propria catechesi cristiana sull’amore – non resta relegata fra le cose che passano, ma apre il tempo all’eterno e chiama a far esperienza di quest’incontro salvifico e paradossale delle creature col Dio vivente. Un incontro che dà gioia e che ha il sapore della vera bellezza. Perciò Agostino riconosce nella prima lettera di Giovanni forse il più completo insegnamento che la Parola rivelata ci abbia dato sull’amore che nasce da Dio e porta alla sua bellezza: “Ogni passo della Scrittura insegna quanto vale la carità; ma non so se vi è al riguardo un insegnamento più ampio di quello che ci dà quest’epistola” (Commento alla Prima Lettera di Giovanni, Città Nuova, Roma 2005, 5,13). E aggiunge: “Proprio nella verità e nell’unità Giovanni afferma che c’è la pienezza della gioia” (1,3). L’amore è la causa della gioia. La gioia è il volto irradiante dell’amore che ci tocca e ci trasforma. Gioia e amore sono bellezza: la bellezza di Dio.

Analogamente, il catechista deve essere consapevole della responsabilità che gli è affidata, che oltre a essere quella della trasmissione della fede, è anche quella di rendere partecipi il più possibile i destinatari del suo impegno catechistico della gioia che nasce dall’esperienza dell’infinito amore e della bellezza del Dio tre volte santo.

Preghiera del catechista

Signore, nel servizio che mi hai chiamato a svolgere come catechista aiutami a promuovere l’iniziazione e l’educazione cristiana di quanti mi affidi, introducendoli alla celebrazione dei divini misteri e all’esperienza del Tuo amore infinito, rivelatoci e donatoci in Gesù Cristo, sì da illuminare, interpretare e vivere nella luce del Suo Vangelo la nostra vita intera. Fa’ che in ascolto obbediente della Tua Parola e del magistero della Chiesa sappiamo trasmetterne fedelmente il messaggio, attualizzandolo per il nostro oggi e per la missione che affidi a ciascuno di noi. Donaci di conoscere, celebrare, vivere e portare nella preghiera la fede di cui ci hai fatto dono e fa’ che l’intera comunità dei battezzati di cui facciamo parte ci aiuti a trasmetterne la luce e la bellezza, insieme alla carità viva e alla speranza che non delude. Aiutaci infine ad essere Tuoi discepoli nel desiderio e nell’impegno di sempre più conoscerTi e di amarTi sempre di più. Ci sostengano l’esempio e l’intercessione della Vergine Madre Maria e di tutti i Santi. Amen.