Quaresima

 

 All’inizio del tempo quaresimale, che la Chiesa presenta e vive come dono di grazia per la conversione e la guarigione del cuore, rivolgo a tutti, ma in particolare ai sacerdoti, ai religiosi e agli sposi, perché consacrati, testimoni ed educatori, una parola nella verità di essere anch’io discepolo del Signore ma anche di essere pastore di tutti voi nel nome di Dio.

1 ‘ ‘Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
Riconosco la mia colpa”.
Così con il salmista vogliamo vivere la Quaresima: confessando il nostro peccato e accogliendo il dono della misericordia che risana. Una verità sperimentata ci descrive come peccatori; il vero nostro male è il peccato.
Sarebbe vera grazia se la memoria fosse capace di raccontare la povera storia di insipienza, di misere azioni. In realtà siamo entrati ancora più in una storia impertinente o così vanitosa da concedersi l’autocertificazione etica.
Abbiamo bisogno di ritrovare una coscienza che al cospetto della santità del Padre ci faccia dire: ‘Tu conosci la mia stoltezza, Dio’ (Salmo 68,6).
L’umiltà ci condurrà all’amore di Dio e ci farà pregare ancora con Azaria ‘Potessimo essere accolti con il cuore contrito’ non c’è delusione per quelli che in te confidano’ (Daniele 3, 39-40).

La Quaresima diventi tempo di consapevole e umile sguardo sulla propria vita messa davanti alla Parola di Dio che sappiamo essere nostro nutrimento (va letta), nostra regola (va meditata), nostra preghiera (va vissuta).

2 ‘ ‘Siate santi perché io sono santo’ (Lv. 19,2).
Anche Pietro nella sua I Lettera rinnova l’invito ai cristiani di allora ad essere figli dell’ascolto della Parola. Va ricordato che un ascolto è vero quando c’è ubbidienza.
Sono stato particolarmente toccato, durante un recente corso di esercizi spirituali, da un invito di fratel Enzo Bianchi a vivere il pellegrinaggio terreno come esodo, vale a dire come evento di liberazione ma anche di servizio a Dio.
Si vive l’esodo nell’obbedienza alla verità e alla santità di Dio: Dio non libera dall’umanità ma dalla mondanità; noi non siamo ‘tolti’ da mondo ma ‘redenti’; non ‘messi a parte’ ma ‘santi’ in mezzo agli altri popoli.
La Quaresima ci faccia capaci di ‘svestirci’, di deporre comportamenti non derivati dalla Parola di Dio, ci aiuti a smettere gli abiti della mondanità.
Non contro le cose, ma sobri nell’uso delle cose; non sottomessi alla tentazione della sicurezza, ma gioiosi nella precarietà; non rassicurati dai mezzi umani, ma affidati alla misericordia di Dio.
Mettiamo la virtù della sobrietà a distinguere il nostro pellegrinaggio verso Dio dall’affanno che i ‘pagani’ (Mt. 6,32) riservano agli affari terreni.
Questo pensiero, che può diventare anche progetto educativo, è affidato ai padri e alle madri chiamati a far crescere ‘nella vera liberà’ i figli. Ma esso è anche per noi sacerdoti, che Dio ha consacrato ad essere nel mondo testimoni della libertà del Crocifisso.
3 – Con lo sguardo verso il Veniente, verso colui che ha vinto la morte e ora vive glorioso: una Quaresima non illuminata dalla Pasqua sarebbe un esercizio di ‘fiacca’ penitenza valida solo come insignificante ‘dieta del cuore o del corpo’. In realtà la bellezza spirituale del tempo penitenziale è ‘l’acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi perché sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme a Lui’ (I Tess. 5, 9-10).
Solo Cristo, Salvatore amato e seguito, è ragione per ‘tenere ciò che è buono e astenersi da ogni specie di male’. (I Tess. 5, 21-23).

Maria, discepola fedele, ci faccia compagnia in questa Quaresima di gioia e di preghiera.