Messaggio agli studenti

 Per la riapertura della scuola

 Carissimi studenti,
ancora una volta desidero, all’inizio del nuovo anno scolastico, entrare in dialogo con voi e, attraverso di voi, con i Dirigenti, i Docenti e i vari Operatori scolastici che saluto con affetto e stima per il dono prezioso di fatica e di testimonianza che vi offrono.
Vi scrivo non per formale abitudine, ma per ribadire il ruolo centrale della Scuola sul versante della formazione delle coscienze e per invitarvi a non tenere chiuse le finestre delle aule, ma a ‘buttare’ lo sguardo e il cuore sulla società contemporanea.
Il messaggio che vi invio porta in sé le ferite che una selvaggia strategia di terrorismo e di morte ha inferto non solo ad un popolo e ad una democrazia occidentale, ma all’intera umanità. Vi dirò anzi che proprio da questa tragedia, il cui dolore dobbiamo assumere nel profondo del cuore, ogni animo libero deve trovare nuovi convincimenti e nuovi impegni di speranza e ‘risanamento’ delle coscienze.
Vi invito ad andare oltre le vostre biografie personali, a sentirvi dentro il grande flusso dell’umanità che cerca, tra speranze e tragedie, un punto più alto di realizzazione.
Non rannicchiatevi nel piccolo perimetro dei passi quotidiani ma, pur fortemente radicati nell’identità culturale delle vostre origini, sappiate essere uomini e donne del mondo, immersi in un cammino comune perché tutti figli dello stesso Padre, fratelli di nascita e quindi inevitabilmente coinvolti nell’unico destino di salvezza.
Non potete chiudervi al grido dei poveri della terra, di quanti sono esclusi dai più elementari diritti umani: cibo, istruzione, salute, libertà.
Conoscete le cifre, quelle che ci vengono offerte da una fonte ‘insospettabile’, dalla Banca Mondiale: «In un mondo di 6 miliardi di persone, 3 miliardi vivono con meno di due dollari al giorno; 1,3 miliardi con meno di un dollaro. Due miliardi di uomini non hanno elettricità; 1,5 miliardi non hanno acqua e 115 milioni di bambini non hanno scuola».
Dietro e dentro le statistiche non ci sono numeri, ma volti ogni giorno deturpati e cancellati dalla fame, dalla denutrizione, dalle malattie, dalle guerre.
È civiltà tutto questo? O è barbarie consumata dinanzi alle nostre indifferenze di società occidentale sazia e soddisfatta?
Risvegliatevi operando l’unica violenza possibile e condivisibile: la violenza contro la pigrizia intellettuale e morale, contro l’assurda convinzione che si può essere felici da soli, contro quella struttura permanente di peccato che si chiama egoismo e che si declina con deresponsabilizzazione, cinismo, individualismi senza regole.
Dibattete con vigore e intelligenza la grande sfida della globalizzazione, avendo come punto di riferimento l’orizzonte indicato da Giovanni Paolo II: «Bisogna governare con decisione i processi della globalizzazione economica in funzione della solidarietà e del rispetto dovuto a ciascuna persona umana».
Ma soprattutto, per non evaporare nelle nuvole di parole inconcludenti, assumete la cultura della ‘samaritanità’: sul modello del Buon Samaritano del Vangelo (Luca 10, 25-37), dopo l’interrogativo: «Io cosa devo fare», dinanzi all’uomo povero e umiliato che incontrate ogni giorno sulla vostra strada, «non passate dall’altra parte», guardatelo, «abbiatene compassione» e diventate «prossimi» assumendo sulle vostre spalle la sua condizione di bisogno.
Spendete tempo e risorse in quel volontariato umile e discreto che sa essere motore di un reale processo di umanesimo.
Mi piace pensarvi anche discepoli di Cristo e, in questo senso, con la passione evangelica di rendervi solidali con coraggio e libertà con i fratelli e le sorelle che incarnano il volto sofferente del Crocifisso. Vi domanderete: «Per questo, cosa è necessario?». Anche qui, con franchezza, vi dico che solo con una esperienza soprannaturale unita ad una personale passione e decisione di libertà, si può costruire un progetto umano e cristiano autentico.
Nello stesso tempo, impegnatevi affinché la politica torni ad essere alta, promotrice del bene comune universale e non solo del privilegio di alcuni singoli o popoli.
Non siate la generazione ‘dell’anestesia’ né quella della distruzione; piuttosto quella della vigilante e responsabile maturità, che rispetta e custodisce la ‘dote’ preziosa che Dio ha dato ad ognuno di voi.
Pensate e agite animati dall’etica del volto, della capacità permanente di vedere l’altro non come un estraneo o un ‘rivale da me’, ma come una traccia del volto di Dio, persona che viene verso di me invocando il dono gratuito della mia vita e l’annullamento di ogni competizione sfrenata e avidità di possesso, disponibili ad assumere il ‘metodo’ stesso di Dio: l’essere spogliato di sé per amore anche dei ‘nemici’.
Prima di salutarvi, augurandovi un fecondo cammino scolastico, vorrei rivolgervi l’invito a partecipare alla XVII Giornata Mondiale della Gioventù, che verrà celebrata a Toronto nell’estate del 2002.
Sarà un grande momento di festa, preghiera, riflessione che, insieme al Santo Padre, raccoglierà 1 milione di giovani in un Paese come il Canada che lancia ai credenti la provocazione della multietnicità e della multiculturalità. L’evento che si alza nel mondo con tutto il fascino mediatico, in realtà è la grande cattedra dove i giovani annunciano che Cristo non è una ‘passione inutile’ e che ogni uomo, in Lui, ritrova la propria dignità e il senso compiuto dell’esistenza.
Dal 17 al 21 luglio saremo accolti dalla diocesi di Bathurst e dal 22 al 28 ci caleremo nell’evento di Toronto. Il Centro diocesano di Pastorale Giovanile vi farà pervenire tutte le informazioni e le modalità di iscrizione.
Sarò con voi, perché mi sento personalmente interpellato da Giovanni Paolo II che, nel Messaggio per la Gmg, ci dice: «Venite a far risuonare nelle grandi arterie di Toronto l’annuncio gioioso di Cristo che ama tutti gli uomini e porta a compimento ogni senso di bene, di bellezza e di verità presente nella città umana».

Con affetto
Edoardo, Arcivescovo

18 ‘ 09 ‘ ’01
Memoria di san Giuseppe da Copertino