I Presbiteri e la bellezza

L'arte d'annunciare 'la bella parola di Dio' (Eb 6,3)

Introduzione

Servire la Parola in modo degno e bello
Non sembri strano: la bellezza è un dovere; essa non è solo nel segno dell’attrazione spontanea, ma anche nel segno della responsabilità doverosa per il motivo che bellezza e bontà nella rivelazione giudaico-cristiana sono inscindibili e perciò s’impone, anche in questo caso, una sorta di communicatio idiomatum: se è doverosa la bontà (e chi ne dubita?), spesso è doverosa anche la bellezza. In negativo, come si lotta contro il peccato, così occorre lottare contro il brutto, che, fra l’altro, è anche una forma peccaminosa. Anzi proprio da questa lotta occorre incominciare per fare spazio alla bellezza e alle sue forme buone e piacevoli.

1. Alla Parola conviene la bellezza. Il Vangelo non può essere annunciato in un qualunque modo, ma solo dlgne et competenter, solo bene e con efficacia, solo in modo adatto e acconcio, ed anche solo nella bellezza. Conviene avvisare subito che bellezza non è frivolezza, ma una seria lievità, una spirituale e sapiente leggerezza: la bellezza è un nome dell’uomo ed è una necessità della sua complessa esistenza; è un nome di Dio. Il motivo della ricerca del modo migliore per annunciare il Vangelo è dovuto all’ importanza di chi ci chiede il servizio della Parola, alla santità della Parola, alla sacralità del servo della Parola e alla dignità dell’uditore della Parola.

2. Riconciliarsi con la bellezza. A ben riflettere il servizio della Parola mira, fra l’altro, a rimuovere le cause del brutto. Proviamo a riflettere su come il servizio della Parola operi per l’abbattimento della malapianta del brutto, soprattutto non il reciderne le sue maligne radici, fra le quali ci sono senz’altro quelle della frattura, della sproporzione e della confusione.

I Presbiteri, per servire la Parola, debbono riconciliarsi con la bellezza e insegnare a tutti il dovere di questa riconciliazione. Essi, poi, mediante il servizio della Parola, hanno l’opportunità di colmare la carenza di bellezza presente anche nell’esperienza religiosa, che insiste quasi unilateralmente sulla dimensione etico-ascetica. Pur- troppo, non s’è ancora capito che la bellezza ha in sé una forza liberatrice ed elevatrice. «Il vero e il bene non sono sufficienti a creare una cultura, perché non sembrano sufficienti da soli a creare una comunione, una unità di vita tra gli uomini. E poiché la cultura è espressione stessa di uno sviluppo individuale, di una certa perfezione raggiunta, ne viene che la cultura massimamente sembra esprimersi nella bellezza. La bellezza è il fine di tutte le cose».
3. Decidersi per la bellezza. I Presbiteri, fra gli scopi che si propongono nel loro servizio della Parola, debbono mettere quello di aiutare i cristiani a scegliere la bellezza, come via di santità. Il convincimento che li deve guidare è il sapere che i cristiani, fra l’altro, hanno tutti i motivi per porsi sulla via della bellezza, perché molti, prima di loro (e fra questi insigni maestri e testimoni), hanno percorso quella via di santità e di sapienza. I Presbiteri sanno che la bellezza, mentre è mirabilmente inutile, è anche assolutamente necessaria all’esistenza dell’uomo: «Questo mondo – hanno detto agli artisti i Padri conciliari del Vaticano II – nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza, per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione».