Il Magistero sociale della Chiesa e l’impegno socio-politico dei cattolici: ingerenza o diritto-dovere?

Inaugurazione della Scuola di Formazione all'impegno sociale e politico
15-01-2006

1. La sfida dei contesti e il Magistero sociale della Chiesa

Quando nel 1891 uscì la Rerum Novarum di Leone XIII il contesto culturale e sociale del tempo era caratterizzato da un forte eurocentrismo e da una diffusa fiducia nelle possibilità della ragione umana di cambiare il mondo e la vita. L’intervento del Papa veniva a toccare un campo che da parte di molti – fin troppo sicuri delle ragioni e delle potenzialità del “progresso” – appariva precluso alla visione “oscurantista” della coscienza di fede: la “questione sociale”. Il fatto stesso che vi fosse un’Enciclica destinata a segnalare le risposte della concezione cristiana della vita alle incompiutezze del “progresso” – particolarmente evidenti nel complesso dei rapporti sociali – costituiva una sorta di “sfida” alla “coscienza illuminata”, percepita persino da alcuni come una invadenza in un campo non debito: su questo punto l’intransigenza di alcuni cattolici si incontrava con la diffidenza dei liberali e dei radicali. Va dato atto alla lungimiranza di Leone XIII di aver saputo affrontare il “moderno” non solo sul terreno dei massimi sistemi, ma su quello delle verifiche concrete, delle domande reali del vivere e del patire umano nelle loro dimensioni più propriamente storico-sociali.