I NOMI DEL BELLO E IL MISTERO DI DIO

24-11-2004

1. Attualità del bello: fra utopia e disincanto, verso una nuova ‘filocalía’

Il tempo della ragione forte è anche il tempo dell’utopia: dove la ragione moderna pensava di aver tutto compreso, la volontà di potenza delle ideologie ambiva ad imporre alla realtà complessa e drammatica la totalità senza ombre dell’idea, rincorrendo l’aspirazione utopica di un compiuto ‘regnum hominis’. In questa ambizione, affamata di totalità, non restava spazio per la bellezza, perché per essa non può esserci posto dove non siano riconosciuti l’ulteriorità, l’indicibile, il mistero: la bellezza evoca, non cattura, suscita, non arresta, invoca, non presume. Perciò, nel tempo dell’utopia velleitaria della ragione adulta la bellezza è stata respinta, esiliata o ridotta a calcolo, a volgarissimo ‘kitsch’ (‘fango’, ‘immondizia’, dal verbo ‘kitschen’ ‘ spazzare il fango dalla strada): ‘La bellezza disinteressata – scrive Hans Urs Von Balthasar, il pensatore che più di ogni altro ha avvertito l’epocale attualità del bello – senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza’ . La conseguenza drammatica di questo esilio della bellezza sta nella inevitabile perdita del senso del vero e del bene: ‘In un mondo senza bellezza… anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover-essere-adempiuto… In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica’ .