‘Farsi bue e asinello’

Riflessioni in vista di un 'laboratorio politico' ispirato al Vangelo
21-12-2004

Quando nel 480 a. C. i Persiani presero Atene ciò che più li stupì fu la presenza in essa di due grandi ‘fori’: l’agorà e il teatro. Abituati com’erano alle decisioni indiscutibili del sovrano, essi non poterono non chiedersi a che cosa servissero quei due curiosissimi spazi. Le tragedie di Eschilo ‘ ora fruibili anche nella splendida edizione curata da Monica Centanni per i Meridiani della Mondatori (Milano 2003) ‘ ci fanno comprendere la risposta: se l’agorà serviva a dibattere le questioni del bene comune e a decidere di esse, il teatro rappresentava una sorta di specchio dove il cittadino ateniese poteva guardare se stesso e misurare le proprie debolezze e i propri pregi, imparando ad ascoltare le ragioni dell’altro. Così, a parlare nella tragedia I Persiani non sono anzitutto i vincitori ateniesi, ma i vinti, che danno voce al loro dolore: ‘Il ‘nemico’ – afferma la Centanni nell’Introduzione – è promosso nella scena tragica al rango di protagonista e finge di parlare greco, ma proclama valori opposti a quelli su cui la Grecia sta definendo, per differenza appunto, il proprio profilo politico e culturale