Un sussulto di passione morale contro la barbarie

Quello che è avvenuto nella Chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen in Normandia, dove un prete di 86 anni, il parroco del posto, è stato sgozzato e varie persone sono state ferite da assalitori fanatici, ritenuti vicini alla “jihad” , è un atto di tale disumanità che non può essere ascritto a nessuna motivazione ideologica, politica, religiosa o etnica che sia. Si tratta di un gesto palesemente folle, maturato in menti devastate dall’odio, istigate da cattivi maestri che le hanno spinte a negare l’immagine divina non in un solo essere umano, ma in ogni essere umano. Di qui vorrei trarre tre considerazioni. La prima è che non si deve attribuire la responsabilità a una motivazione genericamente religiosa e legata all’Islam: certamente ci sono passi del Corano che giustificano la violenza, e tuttavia nessun testo di quel Libro sacro per milioni di persone potrebbe essere riconosciuto come giustificazione di una tale barbarie. Un uomo di Dio, avanti negli anni, indifeso e anzi aperto all’accoglienza degli altri, è stato massacrato, con una ferocia impensabile, da folli che nessuno potrebbe riconoscere come uomini di Dio. Non si tratta di smorzare gli odi con una sorta di buonismo, ma di chiamare per nome ciò che è veramente accaduto. Conseguenza di questa prima considerazione è che nessun sentimento di vendetta o di giudizio generalizzato di condanna dei credenti islamici può essere giustificato da ciò che è accaduto: alla condanna del mondo civile si unisce quella della stragrande maggioranza dei seguaci di Maometto, che ricordano il versetto della Sura seconda che invita in campo di religione a rispettare tutti e in particolare i discepoli del profeta Gesù, riconosciuto come tale dai testi coranici. La vera sfida, dunque, è disinnescare la mina costituita dai cattivi maestri, da quella minoranza di fanatici, cioè, che strumentalizzano la religione per farne mezzo di lotta e di offesa a coloro con cui non sanno riconoscersi uniti nella comune e generale fraternità umana: l’opera di prevenzione deve essere capillare e deve unire in una alleanza veramente generale donne e uomini di tutte le fedi, in particolare cristiani e musulmani, che in nome dell’unico Dio rifiutano ogni forma di violenza nei confronti di tutto l’uomo in ogni uomo, perché riconoscono insieme la dignità infinita dell’essere umano in quanto tale e l’esigenza del rispetto dovuto a ogni persona in nome dei diritti fondamentali che le sono propri per il solo fatto di esistere. Urge un sussulto di coscienza e di passione morale per evitare che il mondo scivoli verso la barbarie cui atti come quello avvenuto in Francia vorrebbero condurlo. È tempo di una mobilitazione morale di tutti, cui chi crede dovrà unirsi anzitutto con la forza della preghiera e il coraggio della testimonianza di pace e di perdono. Sapremo rispondere uniti all’appello cui il grido silenzioso di un vecchio prete, sgozzato per puro e folle odio, ci chiama tutti, nessuno escluso?
Bruno Forte

Il Sole 24 Ore, Mercoledì 27 luglio 2016