Passi del Sinodo

Non temere i “lampi rossi”

Passando alla seconda immagine di R. Panikkar, quella dei “lampi rossi”, è possibile progredire nell’analisi di un altro aspetto del Sinodo: quello del dialogo e del confronto, anche serrati, che questa grande esperienza ecclesiale permette e richiede. Il dialogare, il consigliare, il decidere ecclesiali, che sono l’essenza del Sinodo, hanno bisogno d’avvenire alla luce dei “lampi rossi”, cioè di lampi che addirittura investono, in ogni suo lato, l’intero evento sinodale.

1. Il Sinodo ha i suoi “lampi rossi”

I “lampi rossi” sono lampi che ci toccano da vicino; fanno rumore e procurano paura (talora, tanta). Per noi è il contrasto che la luce della Parola e del Magistero, specialmente quello delle quattro Costituzioni conciliari – sulla Sacra liturgia, sulla Chiesa, sulla Rivelazione, sulla missione – crea a contatto con la concreta vita della Chiesa locale.
La luce di questi grandi testi sapienziali illumina i nostri “giorni” e le nostre “opere”, mostrando come essi rechino anche il segno del peccato e del disamore. Alla luce delle sacre pagine della Bibbia e delle sagge pagine delle quattro Costituzioni conciliari (dei loro “lampi rossi”) anche la storia della nostra Chiesa appare nella sua crudezza: nel suo peccato, nei suoi limiti, nei suoi vuoti di senso e di valori, nelle forre pericolose delle sue strade pastorali e missionarie che hanno rallentato o impedito il cammino di tanti cercatori di Dio.
Dinanzi a questi “lampi rossi”, provenienti anche dal dialogo franco e caritatevole, serio e propositivo, che accompagnano il tempo del Sinodo, non dobbiamo fuggire, ma lasciarci illuminare dalla loro luce sanguigna per convertire, al paragone con sante matrici di sapienza e con pazienti esperienze di vita ecclesiale, noi e le nostre strutture di peccato, noi e le nostre speranze non del tutto trasparenti e orientate a Dio.