La certezza di essere visitati da Dio 

 Messaggio dell'Arcivescovo per l'Avvento

1) “O Emmanuele, Dio-con-noi, attesa dei popoli e loro liberatore: vieni a salvarci con la tua presenza” (dalla Liturgia del 23 dicembre).
Ogni anno, durante il periodo di Avvento, siamo chiamati dalla Chiesa a ripensare il mistero della promessa di Dio e al compiersi di essa in Gesù, Figlio Suo e nostro Salvatore. Quattro domeniche che tornano ad essere la cerniera di grazia tra le attese di un popolo che era nelle “tenebre” e il progetto di un regno di salvezza che Dio ha annunciato e che ha reso vivo con la parola dei profeti e col compiersi di opere strepitose, quale la liberazione dall’Egitto.
Noi siamo il popolo che ha visto le meraviglie di Dio. Sappiamo che Cristo è nato iscrivendosi nella nostra storia e prendendo sopra di sé il peso del nostro peccato; sappiamo che Egli c’è e che è il nostro Salvatore; sappiamo’ Che senso ha, allora, l’Avvento se Lui già c’è?
Carissimi: resta da vedere se io e voi l’abbiamo accolto o meno, come dice san Giovanni nel primo capitolo del suo Vangelo.
L’Avvento sia, anche per il concomitante Giubileo, un tempo di apertura di cuore per consentire a Cristo Signore di compiere in noi il dono di grazia e di libertà che ci fa essere, in Lui e per Lui, figli di Dio.
L’Avvento è un’occasione di grazia e di conversione per ripetere con il Salmista: “dirò le meraviglie del Signore” (dal Salmo 70).

2) Proprio perché siamo figli in Lui Figlio e posti come testimoni del futuro riapparire di Cristo glorioso, l’Avvento può essere interiorizzato e celebrato come metafora vera della speranza o, meglio, come icona di un prolungato sabato santo.
Con san Giacomo, vi esorto: “fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore’ Rinfrancate i vostri cuori’ Prendete a modello di pazienza i profeti'” (Gc. 5, 7-10).
La nostra è una storia frantumata; tutta la nostra vita sembra sopportare una mancanza di senso che crea non tanto una dispersione di popolo, quanto una dispersione di cuore. Anche l’esperienza di Chiesa sembra ricadere in questo “affascinante” tranello di disperdersi in attività, esperienze, scelte, ragionamenti, personalismi che fanno approdare il cuore nel dubbio vissuto dalla prima comunità dei discepoli.
Carissimi: facciamo dell’Avvento liturgico un tempo di sapienza spirituale, rimeditando cosa voglia dire: io credo in Gesù Cristo. Solo così ogni discepolo e le varie comunità dei discepoli potranno pensare di essere per il mondo una presenza e una testimonianza di meraviglia.
I discepoli del Signore non sono collocati nel mondo per fare prediche buoniste dentro uno strano amalgama culturale dove di fatto convivono, in un depressivo miscuglio, speranze e vuotezze, piuttosto per riproporre sullo stile di Maria, donna vera dell’Avvento, “la potenza del braccio di Dio” (Lc. 1,51 ss.).
La speranza vera è sempre Gesù, non perché semplicemente mescolato nella nostra quotidianità, ma perché “ieri, oggi e nei secoli” (Eb. 13,8) è Lui che si deve indicare come Agnello di Dio, così come fece il Battista (Gv. 1,29).

3) Sant’Agostino nel suo commento al Salmo 95 (vv. 14-15) ricorda che dobbiamo attendere senza preoccupazione l’arrivo del Signore perché sorretti dall’amore per lui.
L’Avvento ci educhi anche a questo: a “rimanere nell’amore di Cristo”, fatto di “offerte a Lui gradite”: la misericordia, l’umiltà, la pace, la confessione, la carità.
Celebriamo l’Avvento così, pieni di impegno e di gioia, e rinnoviamo la nostra fedeltà e la nostra speranza al Signore che, con verità e giustizia, ci accoglierà.
Maria Santissima non ci lasci in questa storia di fedeltà.
Vi benedico

Chieti, 21 novembre 2000
Presentazione della Beata Vergine Maria