Giubileo, una Porta che non si chiude

 Impegni e proposte nel post-Giubileo

Un impegno per la diocesi di Chieti-Vasto: la missione. Ed una convinzione: l’Anno Santo, che ha chiuso le sue porte tra le solenni celebrazioni nella cattedrale di Chieti e nella concattedrale di Vasto, rimarrà speranza viva di una Chiesa che vuole annunciare la misericordia largamente sperimentata durante questo Giubileo. E anche per la diocesi abruzzese, la celebrazione di chiusura della Porta Santa ha rappresentato un momento di grande intensità e di rinnovato fervore per compiere una verifica attenta affinché questo tempo non sia trascorso invano ma si traduca in iniziative concrete di lavoro e preghiera.
“Abbiamo vissuto un intero anno sotto la luce del Signore Gesù – ha spiegato l’Arcivescovo Mons. Edoardo Menichelli alla presenza numerosa del clero e del popolo della diocesi – facendo memoria della sua Incarnazione e riconoscendolo, con entusiasmo e fede, Figlio di Dio, nostro unico Salvatore ieri, oggi e sempre”. È stato infatti un anno, questo trascorso, in cui “ogni ginocchio si è piegato” e “ogni lingua ha proclamato la sua signoria di misericordia”; un tempo durante il quale si è pregato ricevendo il dono della sua misericordia e della sua grazia. “È stato tutto – ha continuato Mons. Menichelli – un anno di pedagogia di salvezza. Ed ora?”.
Come i pastori che vanno alla grotta, vedono, adorano e ritornano; come i Magi che vanno, trovano il Bambino, lo adorano e ritornano; come il vecchio Simeone che va al tempio e, dopo aver visto Gesù, prorompe in una lode spirituale, atto di fede e di abbandono a Lui; come, infine, i discepoli che, saputa la resurrezione, corrono, vedono, credono e tornano a raccontare. Come queste icone evangeliche, così la Chiesa è stata chiamata ad incarnare alcuni atteggiamenti per un’autentica sequela e una concreta testimonianza.
“Per dare senso – ha aggiunto il Presule – al lungo ed intenso diario giubilare che abbiamo celebrato dentro un’esperienza pellegrinante, quasi a raccontare la nostra condizione di viandanti, e con la quale abbiamo imitato l’andare a vedere di quanti allora mossero i passi dei piedi e del cuore verso Cristo, occorre una verifica ed un impegno”. Perché l’Anno Santo, ha ricordato, non è stata la storia di un moto turistico, ma un atto di fede in cui Cristo è stato vero “ingresso” nella vita di comunione con Dio. “Questa – ha proposto – è l’indispensabile verifica dell’anno giubilare: se, cioè, anche noi abbiamo visto Cristo facendo di Lui un’esperienza di accresciuta consapevolezza (la Parola); se con Lui abbiamo intessuto un’intima comunione (i sacramenti); se per Lui abbiamo provocato la coscienza”. E per una crescita di fede, che si tramuti in impegno concreto, ha evidenziato: “È importante che le comunità facciano e aiutino a fare un “ripasso spirituale” dei tanti gesti giubilari, perché si continui l’adorante incontro con Cristo, se ne sperimenti il gaudio consolante e si resti invasi dalla meraviglia di averlo conosciuto”.
Una consapevolezza, questa, da cui non può non scaturire un impegno: la narrazione missionaria di quanto si è vissuto. “Il Vangelo di Matteo – ha detto ancora Mons. Menichelli – chiude con l’invito teologico alla cattolicità. La Resurrezione ci ha posto in mano il dardo impaziente della missione”. Questa è, per la diocesi di Chieti-Vasto, la premura del dopo Giubileo; questa l’Epifania: la necessità di spalancare le porte della missione. “Accanto alla contemplazione del Signore – ha conclusol’Arcivescovo – deve esserci la passione del raccontare. Il compito post giubilare sta qui: sciogliere la Parola, dare testimonianza di Gesù”. E tutto questo, per la Chiesa locale, si concretizzerà in due segni: la missione cittadina nei due centri di Chieti e di Vasto, e l’apertura a Chieti di una casa di accoglienza.
Si è chiusa la Porta Santa: rimane aperto, però, il cuore alla speranza e alla misericordia, largamente sperimentata in questo anno. “La grazia di questi mesi – ha commentato Ermanno Di Bonaventura – non finisce: con cuore nuovo e rinnovato impegno bisogna continuare il cammino iniziato”. E questo per dare valore a “quella Porta”, sotto la cui architrave il cuore si è rigenerato nel passare. “Questo tempo – ha spiegato Maria Grazia – è stato di particolare misericordia. L’afflusso dei pellegrini nei luoghi della fede dimostra che la gente cerca Cristo. Provo nostalgia, perché si chiude un momento importante della storia; ma, nello stesso tempo, ho la convinzione che questo Giubileo lascia il segno profondo dell’amore di Cristo, manifestato attraverso la conversione di tante persone”. E numerosi sono stati i doni del Signore; ora tocca a noi: “Ci rimane la grazia – ha spiegato suor Angioletta De Vincenzi – di essere passati per Gesù Cristo con la volontà di aderire a Lui secondo il suo programma”.